Per anni ho vissuto il Natale come un periodo pesante. Non lo sentivo, facevo fatica a pensare ai regali da fare, non cucinavo, a stento sopportavo l’idea di essere invitata a festeggiare con qualcuno che non fosse la mia famiglia di origine. Quest’anno avevo già finito di comprare i regali ad inizio dicembre, ho sfornato una valangata di biscotti anche dopo il mio annuale incontro con Paoletta, a Sant’Ambrogio, e per la prima volta ho festeggiato il pranzo di Natale lontano dalla mia adorata zia Vittoria. La mattina di Natale è sempre una festa, devo ammetterlo, le bambine aprono i regali, i loro occhi si illuminano ad ogni fiocco slegato, ad ogni pezzo di carta strappato. Quest’anno ci si è messo anche il marito, tutto felice per i regali ricevuti e sono stata davvero contagiata. Ho persino cucinato, poco, solo un paio di cosine per l'antipasto. Ho voluto giocare d'azzardo preparando una cosa inusuale per i commensali valligiani, temevo di dovermelo mangi