Il suolo era coperto di neve
bianchissima.
Finalmente, dopo tanti anni di assenza, la neve era tornata a cadere abbondante
la Vigilia di Natale. I pochi fiocchi iniziali non facevano ben sperare, ma poi
era diventata sempre più fitta e sempre più leggera e dapprima le macchine e
poi anche le strade ne erano state ricoperte.
La scuola era chiusa da un paio di giorni, i compiti delle vacanze non erano
ancora nei miei pensieri e le giornate passavano lente, alla ricerca di
qualcuno con cui giocare.
La zia si era appena trasferita, prima abitava al piano di sopra e la sua
porta, sempre aperta e con la maniglia ormai lenta, era la cosa che mi mancava
di più. Non potevo più fare di corsa la rampa di scale che separava i nostri
appartamenti, in ciabatte, a volte anche in pigiama. La scocciatura più grande,
adesso, era vestirsi e arrivare fino in fondo alla strada.
Le mie impronte mi seguivano, i miei piedi sprofondavano nella neve ormai alta
dieci centimetri e il mio respiro, avvolto dal calore della sciarpa, mi inumidiva
le guance.
La porta non era chiusa a chiave e il familiare calore della sua casa era
rimasto lo stesso.
Era la Vigilia di Natale e i preparativi per il cenone erano già iniziati, la
zia era ai fornelli: le cozze, ripiene e legate; le seppie, nel sugo; i
carciofi, tagliati e pronti ad essere tuffati nella pastella morbida e
avvolgente.
I miei cugini mi stavano aspettando per andare in cortile, ma io non riuscivo
ad allontanarmi dall’ingresso della cucina, ero appoggiata allo stipite della
porta, che la zia ogni tanto riverniciava con lo smalto bianco, e la osservavo
mentre svuotava il sacchetto della farina nella ciotola e schiacciava le patate
appena bollite e ancora fumanti; tra poco le sue mani avrebbero iniziato ad
impastare con energia.
L'onore di portare la ciotola sul letto e avvolgerla nella coperta di lana per
il riposo era stato tutto mio.
Appena arrivata in giardino una palla di neve lanciata con forza mi aveva
colpito dritta in faccia: mi era stata dichiarata guerra.
La battaglia era durata poco e, ovviamente, l'avevo persa, ma in casa, al
caldo, la ricompensa sarebbe stata per tutti.
La zia stava finendo di prelevare gli ultimi avanzi di impasto con il
cucchiaio, per tuffarlo nell'olio bollente. La mia mano svelta aveva già
agguantato e portato alla bocca una palla calda e croccante.
La montagna di frittelle diminuiva proporzionalmente all'aumentare delle
persone che entravano in cucina, le aspettavamo per un anno intero e ne eravamo
tutti molto golosi. Nonostante tutto, sapevo che non sarebbero finite e che
quelle avanzate le avremmo mangiate a colazione, poco prima di aprire i regali,
la mattina di Natale.
Per 4 persone
500 g di farina
400 ml di acqua
1 patata grande
7 g di lievito di birra fresco
10 g di sale
olio per friggere
Mettete la farina a fontana in una capiente ciotola,
aggiungete una patata bollita precedentemente schiacciata e ancora calda (io
l'ho cotta con la buccia per 7 minuti al microonde alla massima potenza),
aggiungete un po' di acqua tiepida in cui avrete fatto sciogliere il lievito e
iniziate ad impastare. Aggiungete il sale e continuare ad aggiungere acqua fino
ad ottenere un impasto molto morbido ed appiccicoso. Impastate energicamente
per una decina di minuti.
Coprite con pellicola e fate lievitare in un posto caldo e asciutto fino al
raddoppio.
Portate a temperatura l'olio. Prelevate l'impasto con il cucchiaio e fatelo
cadere nell'olio ormai caldo e friggete rigirando le frittelle a metà cottura.
Scolate le frittelle ben dorate e fatele asciugare su carta assorbente da
cucina.
Le frittelle sono buonissime mangiate da sole, come aperitivo, o possono essere
un accompagnamento per un piatto di salumi e formaggi.
Oggi il Calendario del cibo celebra la giornata
dei piatti della Vigilia. Queste frittelle fanno parte della del mio
Natale da che io ricordi e sono felice di averle preparate per la prima volta
per farvele conoscere, condividendo i miei ricordi di bambina. E' stato
emozionante ritrovarne il gusto e la consistenza anche nella mia cucina.


Chiara, ti ho rivisto bambina, nella neve e poi al tepore, ladra di frittelle.
RispondiEliminaUn abbraccio, e auguri!